venerdì 8 maggio 2020

due o tre proposte


Ci ripetiamo da troppi, troppi, giorni sempre le stesse cose.
Con orgoglio (magari mal celata arroganza) penso di ripetere da giorni sempre le stesse cose ragionate, magari sbagliate, ma ragionate.
Altri ripetono da giorni sempre le stesse cose non ragionate (almeno a parer mio).
Poi ci sono quelli che cambiano spesso idea, ma lasciamoli stare per il momento.
Ce li ripetiamo allo sfinimento, ma l’unico risultato è che restano idee sulla carta (in realtà non sulla carta perché sono parole virtuali, ma è un modo di dire troppo bello per rinunciarci).
Il #CoronaVirus ci impone un cambio di prospettive, ci evidenzia i limiti del nostro tempo, ci ha mostrato le nostre debolezze (non solo sanitarie purtroppo).
Un esame di coscienza sarebbe opportuno, un cambio di rotta risulta necessario, nonostante ciò il dibattito non verte su queste cose. La polemica la facciamo dal chiuso delle nostre case, davanti una tastiera (da ben prima della pandemia), su temi accessori rispetto alle urgenze.
Persino il Capo dello Stato ha chiarito che ci aspetta un “dopo guerra” e noi che facciamo? Ci illudiamo che tutto passerà e che i problemi riguarderanno per lo più gli altri.
Allora siccome ripetere le stesse cose è quasi inutile, ma assomiglia molto all’unica cosa che possiamo fare, continuiamo ossessivamente, nella flebile speranza di avere la stessa casa di risonanza di chi ciarla di stampare moneta, di uscire dall’Europa e tutto il resto.
Il “Dopo Guerra”, parole che umilmente mutuo dal Presidente Mattarella, quello dopo la II guerra mondiale, creò le basi per una democrazia nuova, magari imperfetta, ma duratura ed in grado di creare benessere. Il dopo guerra si contraddistinse per scelte chiare, forti, ragionevoli, identitarie.
Lo stato decise bisognava elevare il livello, anzi proprio il tasso, di scolarizzazione del Paese, profondendo enormi risorse e capitali nella scuola. Un figlio aveva la consapevolezza che avrebbe potuto parlare e scrivere meglio del padre.
Lo stato decise che bisognava creare realtà industriali, innovative, in grado di puntare al mercato internazionali passando per la grade inventiva italiana, e gli italiani videro che a fianco a colossi già presenti prima del conflitto nacquero interi distretti, e di colossi (dall’agroalimentare alla meccanica di precisione) ne sorsero a iosa. I figli avrebbero pure potuto lasciare il lavoro agricolo, ma con la prospettiva di lavorare in fabbrica.
Il diritto del lavoro (quindi a favore degli operai) nacque realmente nel dopo guerra, ma contestualmente nacquero i capitani d’impresa e si visse il boom economico: chiaro segno della convivenza tra diritti e benessere, quando il benessere parte dal basso.
Come pensiamo di affrontare oggi il “nostro dopo guerra”?
Lasciando aprire attività che tra sei mesi chiuderanno comunque perché inadatte al nuovo mondo?
Lasciando immutato il sistema produttivo sperano che i più forti siano da traino ai più deboli (sperando di avere meno perdite possibili)?
No, non può funzionare. Non c’entra l’Europa, l’Euro, ed il fatto che non c’entrino è un problema per tutti noi, perché quest’Europa nonostante gli sforzi non riesce ad essere incisiva.
Allora butto li alcune proposte facili, su cui discutere, che non hanno alcuna pretesa di esaustività:
-          Commissione nazionale “chiusura attività”: ammortizzatori sociali per un anno per chi (rientrando in alcuni parametri) deciderà di chiudere la propria attività;
-          Riduzione dell’orario del lavoro: i datori di lavoro hanno diritto e dovere di chiedere il meglio dai propri lavoratori, non di chiedere che scordino famiglie e vita privata. Bisogna ridurre l’orario di lavoro (per chi è soggetto a turni estenuanti) e far rispettare invece chi, pur in presenza di un CCNL di favore, lavora troppe ore senza che venga considerato straordinario;
-          Incentivi per riconvertire l’attività: chi ha un’attività e può provare a reinventarsi deve avere un aiuto per farlo (e questi si che devono essere soldi a fondo perduto) ma con l’obbiettivo di mantenere (od al massimo di aumentarla) nel successivo triennio l’intera forza lavoro;
-          Pensionamento di massa nella pubblica amministrazione: il pubblico non deve diventare privato, ma deve essere un riferimento di massimizzazione dei processi, di operosità e sforzo per il bene comune. Giovani e nuove tecnologie sono uno snodo necessario;
-          Centralizzazione della Sanità Pubblica: le regioni hanno fallito nella gestione della Sanità, le carenze del SUD non si sono colmate, e le furberie del NORD non sono diminuite. Lo Stato deve tornare a gestire la sanità che è un bene comune (come la Pandemia ci ha insegnato) da Palermo a Mestre;
-          Aumentare il numero di insegnanti: la scuola si fa in classe e li dovremo tornare. Con uno scopo chiaro e definito nella buona EDUCAZIONE. Mai più classi strapiene o classi ghetto. Mai più carenza di personale nella scuola.
Se vi sembrano tutte cose impossibili, o peggio tutte cose che non hanno respiro economico e non guardano alla crescita, guardate cosa è successo nella storia tutte le volte che lo Stato ha fatto le cose per bene, tutte le volte che lo Stato ha funzionato. Gli imprenditori non si creano in laboratorio ma proliferano nel benessere ed in condizioni di Stato Sociale efficienti.



Ivano Asaro



mercoledì 29 aprile 2020

Quella contro il #CoronaVirus è una guerra

Ogni guerra è sempre cominciata con la convinzione di celerità, minimo danno, massima resa.
Ogni singola guerra ha smentito questa convinzione.
Quella contro il #CoronaVirus è una guerra, in cui non possiamo dire a priori quando finirà, non possiamo dire a priori chi "non sarà toccato", non possiamo dire a priori che ne usciremo rinforzati.
Sono solidale con chi oltre alla reclusione (che comincia purtroppo a far vedere tutti i suoi sintomi sociali), oltre alla difficoltà logistica, oltre alla distanza con gli affetti, oltre alle difficoltà di salute pregresse, si scontra con la FAME.
Il popolo rischia veramente di avere FAME, e la fame ci rende cinici, distaccati e purtroppo meschini.
Non è lamentandoci delle misure che ne usciremo, ma è immaginando, ognuno di noi, ognuno con le sue competenze, un mondo nuovo che ce la faremo.
Sono speranzoso perché devo esserlo, perché dobbiamo esserlo.


Sono operoso perché devo esserlo, perché dobbiamo esserlo.














Ivano Asaro

giovedì 19 marzo 2020

❌ Non si può avere pietà


Stiamo vivendo, con buon margine di certezza, il periodo più complesso della nostra vita.
Sicuramente per molti di noi vale la frase:” non eravamo preparati”.

Non lo eravamo per niente effettivamente, occupati a friggerci in una padella sociale piena di falsi miti, falsi valori, falsi noi.
Il #coronavirus ci mette davanti la nostra vita nelle ore che passiamo nel silenzio, apparentemente riempito dal chiasso dei media. Scorgiamo i pilastri, quelli veri, sentiamo ribollire il nostro vero io.
Siamo insomma in una fase inaspettata di grande analisi, e non è quella che si fa col tampone.

Usciremo, quando usciremo, ma ne usciremo statene certi, molto diversi da chi eravamo fino a 20 giorni fa.
Stiamo combattendo una guerra, una guerra “mondiale”, ed ognuno la sta combattendo, chi nella trincea degli ospedali, chi a casa ad aspettare, al chiuso, buone notizie che per ora non arrivano.

Saremo come dopo una guerra, con molte debolezze, con molte sofferenze, ma magari anche con molta voglia di prendere a morsi la vita, nella consapevolezza diffusa che basta un bacillo in un qualsiasi angolo del mondo per cambiare l’intero destino.

Vedremo tutto ciò e sarà, anche, affascinante.

Lasciatemi dire una cosa dura.
Come in ogni guerra ci sono i topi, gli egoisti, i ributtanti delinquenti.
Anche in questa guerra ci sono.
Sono quelle persone che diffondono false notizie, falsissime, per disseminare il caos parteggiando per chissà quale amico straniero.
Sono quelle persone che non rinunciano neanche temporaneamente al culto della propria persona, alla propria vanità, anteponendola al bene comune.
Topi che nella guerra ci sono sempre, ed anche in questa ci sono.
E tali saranno per la storia e tali sono per la mia considerazione: Topi.

Ivano Asaro






Coronavirus
Italia
Guerra

giovedì 12 marzo 2020

Caro Virus

Caro Virus, 

è con rispetto che ti scrivo. 
Lo ammetto, ci stai facendo paura. 
Tanta. 
Forse non ne abbiamo mai provata collettivamente così tanta da quando i nostri genitori salirono per la prima volta su una 500. 
Le immagini che ci arrivano da più parti della nostra penisola ci fanno letteralmente tremare. 
Milano deserta, Roma deserta, autostrade vuote, musei chiusi, ristoranti vuoti. 
Ci siamo fermati. 
Ci hai fermato caro virus.
Leggiamo parole come smartworking e pensiamo che in fondo non ci sia niente di positivo nello stare segregati in casa. 
Ascoltiamo termini come dpcm ma recepiamo soltanto che le regole sin qui stabilite non sono state sufficienti. 
Eppure caro Virus quello che ci stai facendo non è abbastanza, non c’è possibilità alcuna che tu ci batta.
Non lo so quando, non so neppure come e sinceramente non posso sapere se con certezza ci sarò in quel momento, ma l’Italia ti batterà. Si lo farà.
Caro virus sei venuto da terre lontane, lontanissime, e magari non sai dove sei capitato, quindi, sempre con rispetto, ti spiego dove sei e dove perderai.
Sei in un Paese strano, non ne esiste uno nemmeno paragonabile, minimamente somigliante. 
Una nazione, una lingua, mille dialetti, milioni di talenti.
Un paese, una bandiera, centinaia di sfumature.
Caro Virus da nessun’altra parte al mondo viaggerai da persona a persona come qui, in un catalogo indefinito di opere d’arte, paesaggi, storia e cultura.
Caro Virus è vero: siamo un popolo di “traffichini” ma lo siamo solo quando la storia non ci chiama al nostro posto.
Prova a chiederlo cosa l’Italia ha fatto dopo ogni grande sciagura.
Prova a chiedere come l’Italia si sia rialzata. 
Avremo i nostri difetti, certamente, ma nel complesso siamo eroi, piccoli e grandi.
Alcuni di loro li hai certamente incontrati nei reparti degli ospedali che hai riempito. 
Li con guanti e mascherina i nostri medici ed infermieri ti hanno fatto vedere di che pasta sono fatti. 
Con loro hai gareggiato e molto spesso perso, e quelle singole battaglie che hai vinto sono solo il prologo alla tua sconfitta definitiva.
Caro virus questo paese si è alzato da due guerre, da bombe senza padrone e da guerre civili. 
Questa Italia è rimasta unita e unica mentre il mondo la voleva debole e divisa.
Questa Italia ha cantato di morti, dipinto sorrisi e versato lacrime e sangue. 
Tu virus non lo puoi ancora sapere, ma qui perderai. 
Non lo vedrai ma noi torneremo, magari non tutti, a popolare lunghe tavole con la nostra pizza, la nostra mortadella, il nostro Chianti, i nostri cannoli ed il nostro caffè. 
Tu non lo vedrai ma noi torneremo a tifare, a cucire a vivere quelle strade che ora tu ci neghi.
Tu Caro Virus hai fatto l’errore più grande, affrontarci in quanto italiani, e quello è peggio che cominciare una nuova Campagna di Russia. 
Caro virus canteremo di te, scriveremo di te, racconteremo di te. 
Tu perderai. 

Ivano Asaro




Ivano Asaro 
Coronavirus
Italia
Coraggio
Avanti 
Politica
Speranza 

mercoledì 4 febbraio 2015

La rabbia e l'orgoglio

Sonnecchiare non è più permesso davanti le ennesime barbarie diffuse con orgoglio. Una civiltà che ha commesso troppi errori in passato nel rapporto con i popoli musulmani, rischia adesso, per indolenza, di vedere minati i propri capisaldi.
No, non sono d'accordo con Oriana Fallaci.oriana-fallaci
Quanti di voi avranno correttamente ricondotto il titolo di questo misero articolo al celebre libro di Oriana Fallaci, la geniale giornalista e scrittrice Fiorentina, avranno sicuramente fatto giusto esercizio di memoria. Gli altri magari ignorano chi sia addirittura Oriana Fallaci: peggio per loro.
Io, comunque, non sono d'accordo con lei, nonostante sogno spesso di avere un centesimo del suo talento, ardore, coraggio.
Le sue geniali parole, corroboranti di una cultura vera, palpitante, forte, che ti prende a schiaffi, sono macigni nella mia formazione, da cui culturalmente mi sono distinto, ma che mi hanno trasmesso il valore "dell'emancipazione dell'idea dal gregge". Oriana Fallaci non ebbe paura di accusare un'intera cultura di essere portatrice di disvalori, o quasi. Io non condivido il costrutto di quell'idea, mi rifaccio però a quel coraggio. Io ho sempre pensato che la via della guerra fosse non solo ultima nella scala della necessità, ma addirittura assente. La guerra, la morte, l'uomo che uccide l'uomo è la sconfitta più bassa che si possa immaginare. I conflitti mondiali sono stati figli di società che avevano costruito falsi idoli, l'industrializzazione prima, il super uomo poi. Questa è una via che contrasterò sempre. Cosa diversa, ben diversa, è quello che per ora sta capitando in medioriente. L'IS, l'Isis, chiamatelo un po come volete, non è un popolo che si incarna in una religione; non è un gruppo di scalmanati ascrivibile a questa o quella nazione; vano il tentativo di riportarlo nelle categorie descritte da Al Qeda od in Turchia da Öcalan. L'Isis, come è comunemente conosciuto, non è un gruppo di terroristi, quindi impalpabile; non è nemmeno un Gheddafi o Saddam con una sorta di legittimità nazionale. L'Isis è pericoloso perché, come raccontato oramai da mesi, assomma in se la sacralità di tribunali quasi tribali ma tangibili ad un marchio, a cui vari svitati in giro per il mondo possono affiliarsi semplicemente uccidendo la gente in massa. È un pericolo nuovo, che nessuno aveva affrontato sul territorio occidentale, da almeno un secolo. Vedete, dico tutto questo, perché, nonostante sia un fiero sostenitore della pace, della ragione, ad un certo punto arriva quella rabbia e quell'orgoglio che ti uccidono dentro. Oggi all'ennesima brutale diffusione video di un macabro omicidio, questa volta bruciando un soldato Giordano, vivo e rinchiuso in una gabbia, ho capito che essere pacifisti non c'entra nulla. Qui non c'è un popolo che rifiuta un'etichetta, perché non è l'islam il problema, ma proprio l'Isis.
Still image from undated video of a masked Islamic State militant holding a knife speaking next to man purported to be James Foley at an unknown location
L'Isis non è Fabio Sfar, mio compagno di scuola, ne Hassine Turky, amico di vecchia data. L'Isis è un pericolo attuale, vivo, cogente, che ci minaccia e ci uccide. Fermarli, come comunità internazionale, non è un attacco alla libertà di religione, è un freno a dei folli. Quale stato può legittimarsi prendendosi la responsabilità morale di lapidazioni e stupri?
Poco serve, credetemi, dire che è colpa dell'occidente se c'è quella situazione in quel dato territorio. Certo che l'occidente ha la paternità morale dell'instabilità dell'area; certo che siamo noi i colpevoli, ma non per questo possiamo rimanere con le mani in mano: neghereste ad un alcolizzato cronico la cura per il fegato spappolato dalla dissennatezza? Ecco, dobbiamo fermare il morbo della violenza che ci minaccia, direttamente e senza mezze misure. Solo dopo permettere a loro un reale percorso democratico, non come fatto fin qui.
L'Isis va fermato, anche se taluni personaggi degli Emirati, quelli che ci mandano il petrolio per dirla in soldoni, sono a loro vicini. Bisogna fermarli, bisogna farlo con precauzione e fermezza. Non sono gli islamici il problema, lo sono certamente chi sgozza, stupra, lapida. Non sono gli africani il problema, sono quelli che imbottiscono di esplosivo una bimba, sangue del loro sangue, e la fa esplodere in un mercato. Non sono i seguaci di Allah i problemi, lo sono chi rivendica la libertà e poi minaccia le altrui religioni. Francia, Inghilterra, Usa, Germania, noi Italiani, dopo le porcate dell'Iraq, della Libia, del Congo, non potete sonnecchiare pensando ai barili di petrolio che per ora comprate e prezzo più modico. Perché poi diciamoci la verità, Nato, Patto Atlantico, varie organizzazioni intergovernative, sonnecchiano per il vantaggio economico che il basso prezzo del greggio sta portando alle nostre economie in crisi ormai da quasi un decennio.
Sappiate che: ogni petroldollaro risparmiato è un pugnale piantato nella schiena di quella stessa civiltà che difendete andando in corteo per la strade di Parigi, commemorando i disegnatori di Charlie Hebdo.
charlie hebdo
"La Rabbia e l'orgoglio" sono un sentimento, non un ragionamento, e magari tra qualche tempo mi pentirò di queste parole, perché l'istinto fa danni che solo i decenni risolvono, ma l'istinto c'è per reagire a quei pericoli imminenti che non possiamo fare finta di non vedere, e che anzi ci rovinano la giornata dietro le urla di un giornalista sgozzato ed un soldato arso vivo.

Ivano Asaro


Ivano Asaro

lunedì 2 febbraio 2015

Elezioni Mattarella: Istruzioni per l'uso

Riflettere a mente fredda sull'elezione storica, di un Presidente Storico, in circostanze storiche. Un viaggio che parte dal Patto del Nazareno, passa dalla Sicilia, ed arriva sotto gli uffici Rai.

Il tempo di riordinare le idee e ci si capisce qualcosa. Del resto è abbastanza evidente che solo geni e sciocchi parlano durante il chiasso e la baraonda. Potete pure contare quanti geni conoscete, sul serio.
Sono passate parecchie ore dall'elezione, al quarto scrutinio, del nuovo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dormirci su, sentire le opinioni diffuse, non solo sulla rete, è propedeutico all'analisi, non tanto veritiera, quanto meno realistica, di cosa il fatto in se, un'elezione presidenziale, comporti, e cosa significhi questa in particolare. Lasciatemi cominciare con un po di campanilismo, spero sano: Sergio Mattarella è il primo Capo dello Stato, nell'intera storia repubblicana, che abbia i propri natali in Sicilia, e lo dico con l'orgoglio ed il vanto di un siciliano. Sergio Mattarella è un personaggio complesso, di cui le fotografie, quelle tragiche in bianco e nero, con il cadavere del fratello sulle braccia, o quelle a colori, con la toga della Consulta, raccontano sempre parzialmente. Sergio Mattarella è quello raccontato da Leoluca Orlando, quello raccontato da Ciriaco De Mita, ma anche quello tratteggiato da Saverio Lodato e da Riccardo Orioles. Mattarella è un figlio di quella che una volta si chiamava politica con la “P” maiuscola, dove “P” stava contemporaneamente e mirabilmente al centro tra Popolo e Potere, un centro mobile intendiamoci.
mattarella-o
Mattarella è un personaggio che, ha commesso degli errori, e nonostante ciò è una brava persona, incarnando valori, diciamo la verità, diversi sia dal padre Bernardo Mattarella, sia dal fratello ucciso dalla Mafia, Piersanti. Lui contro l'oligopolio della Dc Mafiosa è storia, lui uomo vicino ai centri di potere meno noti, e per questo più temuti, invece è un dato su cui pochissimi riflettono. Ma nessuna di queste cose mi scandalizza, a meno di pensare che la cosa pubblica possa essere gestita da persone prese a caso dalle “pagine gialle”.
Mattarella è quello che è, e proprio da quello che è deriva la mia fierezza. Mattarella non ha un posto perché ha gridato al lupo dopo la morte del fratello, e di parenti di “morti ammazzati” se ne conoscono tanti che hanno scelto altre strade. D'altra parte la scuola di partito, la Dc storica, non deve fare pensare ad improperi stile Papa Francesco, nonostante le speranze di molti: il metodo è del tutto compassato, e queste prime battute ce lo hanno già dimostrato.
partiti_edifici1
Veniamo però alla politica.
Già, perché è stata la politica a votare Mattarella.
I quattro minuti di applausi, seguiti allo spoglio definitivo, sono l'ennesima medaglia al collo di Matteo Renzi, che si odia, si odia tantissimo a guardarsi in giro, poi vince in due regioni, la Calabria addirittura strappata al centrodestra; si fregia di uno storico 40 per cento (roba da Democrazia Cristiana, neanche a farlo a posta) alle precedenti europee; e poi fa eleggere, neanche fosse il Mago Silvan, il presidente che lui vuole, nella votazione che lui vuole, facendo fare agli avversari quello che lui vuole. Insomma Renzi starà facendo anche tanti errori, ma almeno strategicamente sta dimostrando di essere in grado di scalzare molti stregoni che siedono in Parlamento. Abbiamo detto all'inizio che sono passate ormai diverse ore dall'elezione, di conseguenza la nostra analisi deve fare lo sforzo di essere più lungimirante, più coraggiosa, nel tentativo arduo di capire le reali motivazioni che hanno portato Mattarella ad essere Presidente. Il fatto noto, quello su cui tutti si sono accapigliati, è la nota rottura del Patto del Nazareno. Ora, il patto del Nazareno, quello siglato ormai un anno fa tra Berlusconi e Renzi, è ad oggi un patto segreto, e lo è ancora di più perché Forza Italia, proprio per l'elezione di Mattarella lo ritiene violato, Renzi e pochi intimi dicono che il Presidente della Repubblica non faceva parte degli accordi: sicuri che non siano andati ad incontri diversi?
A parte gli scherzi, gli isterismi, i complottismi, bisogna guardare bene la realtà, che è poi il dato che verrà consegnato alla storia. Il nome di Mattarella è una genialata politica di Matteo Renzi, che ha scovato il nome giusto, a suo dire, per ottenere più piccioni con una sola fava. Da una parte le minoranze del Pd che anche se volessero adesso gridare contro le leggi sbagliate non sarebbero più adeguate, lo sa bene Civati e lo stesso Fassina, e sono certo entro un paio di mesi ci arriverà anche Bersani; Sel ha avuto modo, almeno per qualche giorno, di uscire da un cono d'ombra che l'incompetenza gestionale del partito aveva causato, ma ritornerà ad essere quella sinistra inutile che dice bellissime parole e poi si scioglie sotto un segretario, Vendola, inadeguato e che non si è dimesso dopo i fatti dell'Ilva; Alfano, si presta a qualsivoglia gioco di potere, nel frattempo lui ed i suoi, pur non avendo elettorato, realtà ampiamente comprovabile, continuano ad avere ruoli di primo piano nel governo; infine c'è lui Silvio Berlusconi. Quanti dicono che l'elezione di Mattarella sia la fine dell'Idillio di Berlusconi con l'ex sindaco fiorentino sbaglia grossolanamente. Berlusconi era evidentemente a conoscenza di una strategia simile, lo dimostrano i fatti. Di primo impatto è impossibile accorgersi di una partita che non solo si gioca su più tavoli, ma addirittura su più piani. Berlusconi sapeva delle scelte di Renzi, e non ha barattato posizioni politiche, non ha barattato posizioni governative, tutt'altro. L'ex Cavaliere ha prestato il fianco a Renzi, nella sua disintegrazione delle minoranze Pd, permettendo di avere altro in cambio. Il nome di Mattarella, e lo dimostra la quarta votazione, è stato garantito da Berlusconi addirittura da franchi tiratori interni al Pd, d'altronde 665 voti, 120 in più della capacità del solo Pd non si raggiungono per caso. Berlusconi ha permesso ciò, ha fatto fare la mossa a Renzi, disintegrando l'intero centrodestra italiano, opera che però persegue già da qualche tempo. Non vi siete resi conto che Berlusconi ha ormai appaltato la politica ad altri? Il nord è a gestione Salvini, e l'Emilia Romagna, con le elezioni dello scorso Novembre, ne è la dimostrazione plastica, e lo sarà anche il Veneto. Il Centro ed il Sud sono lasciati a soggetti forzisti, di Fratelli D'Italia, ed ex Alleanza Nazionale che si stanno riequilibrando nelle città.
D'altronde non esiste baratto senza scambio: fin qui abbiamo detto quello che Berlusconi ha dato a Renzi, fingendo la sconfitta e la presa in giro, ma cosa ha dato Renzi a Berlusconi? Cosa ha promesso di dare?
Credo che le circostanze siano due, la prima, pure abbastanza palese, è che la famosa norma che depenalizza il reato per cui Berlusconi è stato condannato, è ancora li, ed il ministro Boschi ha già chiarito che non si toglierà: chiamatela pure agibilità politica o civica. Insomma Berlusconi, come al solito baratta l'interesse pubblico per i propri (ieri era la legge Gasparri ed i soldi dei cittadini, oggi il futuro del Centrodestra italiano).
Rai Mediaset Ivano Asaro
Credo pure ci sia di più.
Tra circa un anno, ovvero quando i vari meccanismi di reintegrazione del debito pubblico saranno a pieno regime, quando si procederà agli ennesimi tagli da spending review, la Rai, ovvero gran parte del pacchetto di controllo, potrebbe seguire le stesse sorti che ebbero altre aziende pubbliche in passato, ovvero essere privatizzate, vendute tutte od in parte, cedute a società compartecipate dai privati. Insomma tra circa un anno per fare cassa, diminuire il debito, e non farne sorgere di nuovi, la Rai sarà tagliata e spacchettata. Questo passaggio necessario, comporterà anche una ridefinizione della legge sulle frequenze, sulla pubblicità, sul monopolio, e sul peso che ogni singolo editore può avere sull'intera offerta. Il governo dovrà dire in un futuro prossimo cosa sarà della Rai, cosa sarà di Mediaset, di La7, Sky eccetera, eccetera. Quella legge potrà essere fatta in diversissimi modi, seguendo vari modelli, e li poco c'entrerebbe l'Europa, che permette decine di impronte diverse in tutti che ne fanno parte. Ecco, pur non scalfendo la dignità del Presidente Mattarella, quella legge potrà essere fatta, pro o contro Berlusconi.
Facciamo una scommessa?



Ivano Asaro
Ivno Asaro

sabato 13 dicembre 2014

Bologna. Pippo Civati rilancia #èPossibile: vale a dire Vorrei ma non Posso

                                                                   

E' una Bologna ancora tramortita dall'astensione elettorale, quella che accoglie il nuovo appuntamento organizzato da Pippo Civati. Il luogo è lo stesso di circa un anno fa, quando al centro del dibattito c'era la fiducia al nascente governo Renzi: “le Scuderie” di Via Zamboni, in pieno centro univesitario.


La gente accorsa, tanta, così tanta da fare descrivere la manifestazione come certamente riuscita, era variopinta e curiosa: c'erano i nostalgici, i sentimentali, i visionari, i realisti puri, i docenti e gli alunni. Insomma tra arrabbiati e cassaintegrati, vecchi e giovani, c'erano tutte le anime di quella che si chiamava sinistra, ed oggi è “l'altra Sinistra”, perché la prima è quella Renziana.
Oggi c'era la sinistra “senza camicia bianca”, parafrasando diverse battute lanciate dal palco. C'era il popolo dei sindacati, anche quelli più oscuri e sconosciuti, c'erano i non rappresentati, come le partite IVA, c'erano gli storici, gli uomini di fabbrica e tanti altri.



Dicevamo della manifestazione, riuscita nei numeri e nella logistica. Per rispondere al mistero del Patto del Nazareno, Civati lancia, con il suo staff, il Patto Repubblicano: un programma di governo che i vecchi comunisti avrebbero difficoltà a digerire, ma nella confusione odierna sembra un testo di Stalin. A parlare e parlarne sono stati volti noti e poco noti, questi ultimi a rivendicare il peso di una realtà pesante.
Sul palco si sono alternati rappresentanti della cultura precaria, del mondo dell'università costretti ad emigrare, delle partite IVA che non evadono le tasse ma che non ce la fanno a pagarle e con esse i contributi, attivisti ambientali, rappresentanti edili. Si è visto sostanzialmente il contrario di quello che si vede alla Leopolda. Non ci sono stati imprenditori rampanti, non ci sono stati finanzieri di dubbia fiscalità, e si è potuto parlare di una società che dalla realtà va verso il futuro con un sogno, e non di un progetto da sogno che non considera il presente e mistifica il futuro. Oggi c'è stato tutto questo, con importanti appunti di personaggi illustri. Al vetriolo ed accorato il discorso di Corradino Mineo, senatore Siciliano, di area Bersaniana, da un anno sulle posizioni, anche se non rigidamente, di Civati. Mineo mette in guardia dall'apologia dell'uomo solo al comando, tema di cui il nostro paese ha notissimi esempi tragici, e parla male, anzi in maniera perentoria della riforma Costituzionale Renzi-Berlusconi, nota alle masse come Patto del Nazareno, delineandola in quale modo quasi totalitaria, non democratica, da eliminare. Intervento di spicco anche quello del Prof. Revelli, che ha definito il Pd come un Organismo geneticamente modificato, che fa cose che piacciono ad Alfano e Berlusconi e non sono gradite a chi sta nelle fabbriche, nelle scuole, senza lavoro.
Tutto bello anche il clima di riscossa, di rilancio, si fanno i nomi di Tsipras, di Podemos, e di altre realtà europee che potrebbero essere sponde di un meccanismo di allargamento continentale dei temi della sinistra viva e vibrante.
Tutto bello, se però alla fine di ogni discorso non fosse quasi sottintesa l'ammissione di immobilismo e di sconfitta. Civati, Mineo, Pastorino, ed altri, hanno coerentemente con quanto detto votato contro il Jobs Act, la riforma del lavoro proposta dal governo Renzi, che però è passata. Civati stesso come massima ammissione e propulsione riesce a dire che se si andasse a votare a marzo non si ricandiderebbe in questo Pd, ma non lancia un progetto alternativo.
Insomma è una lotta tra i Renziani che non vogliono gente come Civati nel Pd, ma non possono cacciarli a meno di clamorosi errori da una parte o dall'altra, ed i Civatiani che non vogliono più appoggiare Renzi, ma almeno per ora evitano la scissione e di andare a formare un partitino del tutto minoritario ed influente, dimenticabile in fretta.
Inoltre dagli interventi, oltre ad ottimi spunti civici, quasi strani in questo momento di scoraggiamento, si è visto quel gusto sadico della sinistra, ovvero quella propensione a dividersi sempre e comunque. Non sono mancate infatti battute tra Partite Iva e sindacati, per lo scarso interesse che questi hanno avuto per i non rappresentati, e tra lavoratori pubblici e privati, nell'infinito tema delle tutele.


Lo sguardo adesso passa alla direzione nazionale del PD di domani, con il clima da resa dei conti, si attende la replica del presidente del Consiglio ai dissidenti.








Ivano Asaro
Ivano Asaro

mercoledì 3 dicembre 2014

Noi siamo TeleJato, voi assassini non ci fermerete.


Pianto, si ho pianto.
Si parlo di voi, anzi parlo con voi. Parlo a quegli stronzi senza palle che hanno ucciso due animali indifesi, mascotte imprescindibili di Pino Maniaci e della redazione di Telejato. Parlo con voi, e mai sarei stato convinto di scendere così in basso. Io quelli come voi neanche li saluto, non mi sognerei mai di condividerci un caffè, figuriamoci di dedicarvi miei pensieri, parole, articoli. Nonostante ciò questa volta mi avete fregato. Questa volta avete messo in discussione il coraggio degli uomini, la dignità delle persone. Avete giocato satanicamente con i sentimenti più intimi e profondi che un essere umano abbia. 


Vi siete messi, da poveri imbecilli, in una battaglia più grossa di voi. Voi non siete mafiosi, i mafiosi sono altri; voi non siete delinquenti, i delinquenti sono altri; voi siete dei poveri imbecilli, che forse neanche le loro madri guarderebbero in faccia se sapessero da dove proviene il sangue che hanno sulle mani, la benzina sulle loro scarpe. Siete stati in grado di inclinare la speranza con atti di pura viltà. Forse perderò la dignità con questo articolo, forse con il solo fatto di ammettervi tra i miei pensieri perderò la mia faccia, ma a voi cretini che sognate qualche titolo di giornale e qualche complimento da un cretino più vecchio e potente di voi, quindi ancora più balordo, cos'è Telejato voglio spiegarlo.

Telejato è una palestra di vita. Il sudore dietro un microfono, l'emozione della diretta, la pasta di Mamma Patrizia, il sorriso di Simona, l'ardore di Giovanni, la competenza di Letizia. Telejato è scuola. I testi scritti in fretta e furia, le spiegazioni da dare ed i cazziatoni da prendersi. Telejato è passione. Le sere d'estate in trenta attorno ad un tavolo e quella dopo in due a parlare delle interviste al sindaco od al magistrato. Telejato ti fa conoscere la gente, ti fa amare la vita. Telejato è il motivo di orgoglio di quel territorio, Telejato è il motivo d'orgoglio della mia terra. Telejato è la telecamera in mano ad Arianna, è il baffo di Nicola ed il sorriso di Francesca; Telejato è la visita di Fra Giosuè e la confusione di Giulia; Telejato è lo sguardo convinto di Adriana e quello dolce Giulia. Telejato è la schiena curva sul monitor di Fabio, le telefonate di Salvo, i disegni di Noemi. Telejato è “Cucciolino”, l'altro cane che vive a Casa Telejato. Telejato sono i ragazzi di Cuneo, Telejato sono i giovani che vengono in visita. Telejato è Salvo Vitale. Telejato è Telejato.
Ma tu che bruci auto per goduria od ordine, che sevizi animali indifesi e poi li consegni ad una fine indegna, che cazzo vuoi capirne? Tu sporco essere che ti addormenterai anonimamente citato dalle televisioni locali e dai giornali nazionali, non puoi capire quello che ti dico. Che ne sai del sorriso di una conquista afflitto, come sei, nella melma che ti circonda.
L'ultima cosa voglio dirti, con tutta la rabbia che ho, e le lacrime che mi restano, fin qui non ho neanche una volta citato Pino Maniaci concretamente, ma forse il tuo intelletto scarso non te lo ha fatto notare, e non l'ho fatto perché lui venga dopo, ma perché lui viene Prima, anzi è Sopra. Lui è l'autore e la fiamma di tutto questo. Pino Maniaci è Telejato, Io sono Telejato, Noi siamo Telejato. Tu sei solo un pezzo di merda a cui ho dedicato troppa attenzione.
















































Ivano Asaro


giovedì 23 ottobre 2014

MAZARA, LETTERA AL CANE NICOLA

Egregio Cane Nicola,

mi scuso innanzi tutto per il disturbo e per il tempo rubatole che impiegherà nella lettura di questa mia missiva. Ci tengo prima di ogni altra cosa a spiegarle il perché di questa mia sollecitazione. Ho scorto e poi approfondito mirabili storie sul suo conto.
Attraverso Internet ho potuto sapere di lei che è: <<il cane a cui manca solo la parola>> (cit. Tele8); <<Accoglie scodinzolando le impiegate che la mattina arrivano nell`ex Collegio dei Gesuiti>> (cit. Ansa); e mi fa un po sorridere che qualcuno scriva con tono polemico ed ironico contro la sua onorabilità <<E lì si assopisce ascoltando le riunioni che vi si svolgono.>> (cit. La Sicilia), come se lei fosse accostabile ad un qualsiasi fannullone che orbita o lavora nel pubblico impiego. Essendomi appassionato al suo stile così presente ed al contempo discreto ed educato, conscio delle sue entrature e conoscenze presso il comune di Mazara del Vallo, voglio esporle talune questioni, nella speranza, sicuramente ben riposta, di porre sollievo alle difficoltà che incontra la nostra cittadinanza.
•     Sento il dovere di parlarle innanzitutto del “porto canale”. Da anni, Caro Cane, se ne parla e tutti, anche recentemente si sono impegnati nel dragare quantomeno la parte più vicina alla foce, per far si che questo tratto del fiume Mazaro acquisti dignità e vitalità. I vantaggi sarebbero una manna dal cielo per larghe fasce della popolazione. Se ne avvantaggerebbero i piccoli pescatori, addirittura incentivati; se ne avvantaggerebbero anche gli operatori turistici con l`insorgenza delle attività connesse all`Ittiturismo ed alla piccola nautica. Insomma tutta la città, che una volta aveva un fiore all`occhiello nella marineria, potrebbe quantomeno tornare a sperare. Si attivi, caro Cane, affinché chi siede nei posti di potere e responsabilità mantenga le promesse fatte.
Ivano Asaro
•     Cane Nicola, non potrei non parlare della viabilità. Certo sarebbe facile fare propaganda sulle buche, sulle strade piene di case non abusive che non hanno illuminazione ne asfalto e sono soggette ad enormi disagi già alle prime piogge. Come immagina però, prima ci sono altri nodi irrisolti. A Mazara si sono fatte pedonalizzazioni, solo laddove la gente poteva parlarne, discuterne, ed invece si permette di transitare nel centro storico con le auto, a sfregio di quelle poche persone, non mazaresi, che ne attraversano le viuzze, spesso sporche e con i sacchetti di spazzatura agli angoli. Quelle vie, a parte la derisione, meriterebbero ben altro destino guardando alla loro storia, ma sono degradate e piene zeppe di ceramiche che poco o nulla centrano con la loro genesi. Caro Cane, vede già in poche parole abbiamo sollevato decine di domande che mi rifaccio spesso, ad esempio: dov`era la sovraintendenza e la sua rigidità quando si facevano certi interventi? Domanda che si sono fatti pure tanti cittadini onesti che nelle vie del centro devono obbligatoriamente attenersi a certi stili e parametri se non hanno santi in paradiso.
Ivano Asaro
•     Rispettabile Cane Nicola, la invito ancora ad attenzionare il problema dei passaggi a livello. Sa, negli anni si sono fatte tante promesse, ma fino ad adesso sono tutte cadute nel vuoto, abbandonate nel sonno degli sciocchi che avevano creduto. Intanto ancora oggi, caro Cane, la gente rimane minuti e minuti dietro il passaggio a livello, spesso con a fianco un`ambulanza che sta soccorrendo un ferito. Si adoperi, la prego, per fare pressione.
•     E` indubbio che non posso dimenticare il problema della puzza. Gli odori nella nostra città sono un argomento delicato. Da anni c`è puzza di “vinaccia che non è vinaccia” ma ne Usl, ne forze dell`ordine, ne politica se ne accorgono. Avranno tutti il naso turato? Lei in qualità di Cane avrà un olfatto molto più fine del mio ed immagino il disagio nel convivere con questo olezzo, non so quanto legale. Ultimamente ci si mette anche il depuratore a fare le bizze. La gente mormora che non tutti i procedimenti e collaudo siano stati adempiuti per fare un`inaugurazione veloce. Questo non lo so e non credo, Caro Cane, perché sarebbe significato prendere in giro la gente, e politici di vecchia data non si presterebbero mai a questi giochi subdoli. O no?
•     Si impegni per favore in questa ulteriore battaglia. Poi se c`è tempo butti pure un occhio sulla questione rifiuti, sulla questione ospedale, sulla questione dei pubblici impiegati fannulloni, delle tasse alte, della microcriminalità, della chiatta ( o quanto meno spieghi alla città a cosa serve), della scomparsa del mercato del pesce legale nei pressi dello scalo, del verde pubblico.
Ivano Asaro
Si occupi di tutto questo per favore, eccellentissimo Cane, e ci dica per favore una volta e per tutte se la spiaggia in città esiste oppure no, perché sui palchi si dice che esiste, ma poi ci sono i cartelli che vietano la balneazione, con le giovane coppie che vogliono farsi romanticamente le foto sulla battigia e vengono invitate ad uscire dalla polizia municipale. Magari lei può anche attivare i giusti trasporti pubblici all`interno della città, sa solo il trenino non basta, e proprio con il suo metodo può impegnarsi nel collegamento centro città - aeroporto di Birgi, in maniera funzionale, come tutte le città che investono sul turismo.
La prego si impegni Caro Cane, noi cittadini ne abbiamo bisogno, quanto meno come speranza.
Sono sicuro del suo impegno nella risoluzione del problema, anche perché lei può alzare la cornetta: visto e considerato il suo profilo e la sua carriera devono ascoltarla a Palermo, Roma e Bruxelles. La saluto porgendole preventivamente i miei ringraziamenti e dei miei concittadini.
Ps. Chiedo ancora una cortesia. Può chiedere ai suoi amici cani di non essere aggressivi, almeno con i bambini sotto i 14 anni, specialmente quelli che vorrebbero andare in bici e giocare, sa possono spaventarsi e cadere, oppure morsi se i modi diventano bruschi.


Ivano Asaro








Ivano Asaro