Ivano Asaro |
In una traversata di morte e disperazione poco conta se a
lasciarci le penne sono 10, 100 o 1000 persone. In una catastrofe
umanitaria contare i morti serve solo a fare la cronaca
dell'inadeguatezza della società e del genere umano disinteressato.
I morti invece vanno contati, uno ad uno, pollice a pollice, perché
ad ogni morto, ad ogni ultimo respiro, corrisponde un relativo e
proporzionale numero di stronzi che si nascondono dietro i giornali e
lutti di facciata.
Lampedusa è li, ed è sempre stata li. Lampedusa
non è apparsa dopo le difficoltà di certa parte dell'Africa, ne il
continente nero è tema addebitabile alla contemporaneità.
Allora
perché si muore in mare? Allora perché si muore pur sapendo di
morire?
Le ragioni sono due, e non so dire quale faccia piangere di più.
La prima, che riguarda loro, ovvero chi arriva con un bagaglio di
frustrazioni ancor più pesanti dei sogni, con la fame prima ancora
che abbagliato dal lusso. In pratica chi ha la voglia di provarci, e
non per questo è meglio o peggio di altri, è semplicemente un uomo,
giusto o sbagliato che sia.
Si muore per un <<forse>> dice brillantemente Staino:
il <<forse arriviamo>>, il <<forse ci salviamo>>,
<<forse i nostri figli non vivranno l'incertezza di questo
eterno “forse”>>. Si scommette grottescamente sulla propria
vita, convinti che per quanto male si possa stare di qua, in
occidente, di la, in Africa, si sta “troppo peggio per non
tentarci”. In tutta questa storia, tra flash di agenzia, tra tg
polemici ed altri filo compassionevoli sfugge sempre e solo un dato:<<
la vita è una sola, e non ci si può fermare sulla soglia del dolore
perché di qua, nel mondo civilizzato, ci sono problemi con l'ufficio
collocamento. La vita è una sola, e non si può pagare un biglietto
d'entrata>>.
Ma c'è un altro aspetto, quello degli stronzi ovviamente. Magari
sono esagerato, o semplicemente questi stronzi lo sono sul serio.
Lampedusa è una storia vecchia, che condivide un infame destino con
le coste della Sicilia e con quelle della Puglia rivolte verso i
Balcani. Destino di pianti spezzati e figli strappati alle madri. Ma
fuori dagli annunci, fuori dal clamore, c'è una realtà che ammanta
il nostro cervello appena dopo che il pianto è andato via. Non si
muore in mare per niente, si muore in mare perché è così che ci va
bene. In questa storia andrebbe detto come nonostante un settennato
già passato, ed un altro ancora agli albori, il nostro Presidente
della Repubblica, quello attuale perché è lui che c'è per ora , e
perché lui che è stato omaggiato con la storica riconferma, abbia
avuto particolare riguardo allo spread, a fare i governi tecnici e
para-tecnici, a firmare atti di clemenza per giornalisti colpevoli,
ma si accorge solo a stragi avvenute, più e più volte, che il reato
di clandestinità è un vulnus, una stupidaggine per dirla
educatamente.
Il nostro accorto Capo dello Stato si accorge solo ora
che le carceri sono strapiene di persone che vendono rose per le
strade, incarcerate non per quello che fanno, molte volte niente
tranne sopravvivere, ma per quello che sono, ovvero reietti e senza
permesso di soggiorno. Egregio Presidente della Repubblica, oltre a
firmare leggine per partiti abusivi, avrebbe potuto abbandonare prima
la sua stitica torre d'avorio, sempre che lo faccia veramente questa
volta.
Il sottobosco politico poi non è da consolazione e non si parla
solo della lega che è xenofoba con tutto ciò che c'è sotto
Bologna, salvo poi presentarsi in Toscana.
Il Pdl-Forza Italia è stato per anni al governo con la Lega, ha
avallato le ronde e non si è fatta scrupoli nell'avere come alleati
gente del calibro “enorme” di Borghezio, Calderoli e Gentilini, con annessi
e connessi.
Poi c'è il pd, inerte di fronte a certi problemi e mai con forza
schieratosi contro il reato di clandestinità. Mi si dirà che la
gente viene ugualmente, anche con il suddetto e famoso reato di
immigrazione clandestina e le turbe morali non servono a trovare una
soluzione. Giusto ma se intanto non si persegue la via corretta, quella
di essere una società pronta ad applicare la propria costituzione
poco si può fare per la risoluzione di problemi.
Poco si può fare
anche perché ci “vantiamo” di essere terra di passaggio verso
altre mete Europee, ovvero Germania, Francia, Olanda, Danimarca. Non
riesco proprio a capire come ci si possa vantare di non essere
neanche più appetibili per disperati che vengono dalle guerre.
L'Italia non solo non è attrattiva per le migliori menti e capitali,
ma è in seconda classe anche nell'appeal degli immigrati, che
preferiscono farsi altri due mila chilometri di viaggio pur di non
rimanere in Italia. Io non ne sarei tanto fiero.
Chi può porre rimedio?
Tanti, anche i soggetti su citati, invocano l'Europa, e quelli dal
canto loro, vedendo che non riusciamo a fare da noi si stanno
finalmente attivando. Ma il principio è completamente sfalsato. E'
vero che Lampedusa è il confine d'Europa, ma è la nostra
costituzione che ammette lo status di rifugiato politico, ed è prima
di tutto la costituzione che dovremmo rispettare. Poi chiediamo aiuto
all'Europa, che altro non sono, allo stato attuale, che la somma
degli stati membri. Se questo è giusto avremmo dovuto aiutare
concretamente la Germania con l'alto numero di Turchi e cittadini
Balcanici, oppure la Francia per l'enorme immigrazione algerina, od
ancora più l'Inghilterra con gli Indiani e Pakistani. Ma li non
c'entrava l'Europa, li si preferiva parlare d'altro. In questa sede
la rabbia ha preso il sopravvento sulla logica, i problemi sono
l'unica cosa trattata, perché non vedo soluzioni fin quando non ci
responsabilizziamo ed abbandoniamo il razzismo frutto di ignoranza e
di auto sopravvalutazione.
Nel centro di prima accoglienza di
Lampedusa in questo momento ci sono più persone che parlano due
lingue (nel caso di specie Francese ed Inglese, oltre alla loro
nazionale) che nella stragrande maggioranza di enti locali sparse sul
territorio nazionale: questo dovrebbe farci capire qualcosa. Come
dovrebbe farci capire qualcosa che l'emigrazione dal nostro Stato non
è mai finita, si era solo calmata, ma non possiamo scordare neppure
quando erano gli italiani a morire sulle navi della speranza, esempio
per ora sulla bocca di tutti quello della nave Sirio affondata nel
1906.
Il fiume di parole potrebbe non interrompersi, ed allora
capisco che in realtà il primo stronzo sono io che parlo di queste
cose solo ora, per rabbia e senza logica, che ho gli occhi pieni di morte ed il cuore svuotato di
speranza.
Ivano Asaro
Ivano Asaro |
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