Abbiamo chiamato la carogna del nostro tempo Berlusconi, Bush J,
Sarkozy. Abbiamo gridato per il portafoglio vuoto. Abbiamo votato
tutto ed il suo contrario non rendendoci conto della verità. Il
male, abbiamo sempre cercato di identificarlo in tizio o caio, e
questo discorso valica i confini italiani. Siamo stati stupidi
fondamentalmente. Ci siamo chiesti innumerevoli volte: “se io sono,
per lo più, una brava persona, come la gente che mi sta accanto,
perché il mondo vira sempre di più verso l'autodistruzione?”
Domanda sensata che però non guarda alla natura delle cose.
Ci siamo
persino dati una risposta: “E' la Crisi Economica”.
Certo la
difficoltà aguzza l'ingegno, trasformandolo talvolta in bieca
furbizia. Ma queste non sono altro che pie illusioni di chi alla fine
sta bene persino nella disperazione, piuttosto che avere l'ardire di
guardarsi allo specchio. In questi anni ci siamo raccontati la
storiella della crisi, che c'è per carità, ed i ristoranti non sono
tutti pieni. Ma abbiamo ascritto a questo tema i nostri problemi, in
ciò le ansie sociali hanno trovato un facile contenitore. “La
crisi c'è: è per questo che le anime si incarogniscono”. Per
qualche tempo ci ho creduto pure io. Ma poi non più. Perché i
ricchi sono dissennati o privi di etica? Loro non hanno “la crisi”
che affligge il popolino. Perché gente che guadagna un patrimonio
ogni mese sente l'esigenza di accumulare altro denaro, evadendo le
regole e la morale, specie nel settore pubblico e politico,
rischiando di perdere tutto? Loro dovrebbero essere esenti dall'anima
incarognita che invece dovrebbe albergare in quelle periferie
suburbane dove, purtroppo, il crimine è per lo più tollerato e
concesso come palliativo.
La tesi della crisi non funziona, od almeno non è esaustiva.
Viviamo le cose intorno a noi, e non ci
rendiamo conto che cambiano loro perché cambiamo noi, e
vicendevolmente avviene anche il contrario. La crisi, di per se vuol
dire poco. Dalla seconda rivoluzione industriale in poi i cicli
economici si sono ripetuti più e più volte, e le crisi sono
argomento di studio, spesso evocate dagli esperti. Qui il problema è
alla radice. Nel corso degli ultimi venticinque anni, si è dato
seguito ad un nuovo modo d'intendere la vita, dello stare al mondo.
Potremmo dire che c'è stata una nuova concezione filosofica diffusa
che ha animato il globo. Chi ne sono stati gli antesignani? Sarebbe
un discorso riduttivo fare i nomi, se non appunto indicandoli come
meri simboli di un processo più ampio e sicuramente complessissimo.
Per farla breve il mondo è cambiato quando due figure hanno
raggiunto il vertice del potere nei loro rispettivi Stati, ovvero
Ronald Regan e Margaret Thatcher. Il loro potere, i loro supporti, la
rete di potenze più o meno celate che li hanno sorretti nella loro
azione, ha stravolto il modo di stare al mondo. Regan e Thatcher non
solo hanno creato le impalcature post-sociali per ciò che ci sarebbe
stato dopo la guerra fredda, ma hanno anche permesso di eliminare
alcuni stereotipi su cui l'intero pianeta civile si basava. Le
sponde, anche qui i nomi sono elementi simbolici, sono state sia
nelle potenze economiche che avevano generato questo processo, sia in
classi dirigenti a noi note, come ad esempio quelle incarnate da
Andreotti e, più di lui, Craxi.
La smaterializzazione della classe dei
minatori britannici, o le prime deregolamentazioni al mercato
finanziario, sono mosse di quel periodo, così come la corsa al Pil,
l'aumento del debito pubblico per favorire la crescita. In quegli
anni si è creato un mostro, travestito da falso benessere diffuso,
basato sulla materialità. Certo non è il caso di perdersi in
discorsi ideologici, la lotta tra capitale ed ideologia è finita, ed
ha nettamente vinto il modello capitalistico. Moralmente si è
accettato, anche capillarmente tra la gente, l'idea che tutto avesse
un prezzo, tutto poteva essere comprato, e che quindi tutto avesse
una vendibilità. Ci ritroviamo ora, a trent'anni da quei fatti, a
giustificare la tracotanza di personaggi che hanno grandi conti in
banca, o l'ignoranza di chi guida la più potente
nazione del mondo, sol perché dietro ha le banche d'affari più
influenti. Conscio che il discorso sia catastrofico e
persino difficile da accettare in alcuni suoi punti, credo che sia
necessario fare l'ultimo passo di questa analisi. Se in anni ormai
lontani qualcuno ha disegnato una società dove lo sviluppo si misura
sui soldi, il benessere sulle proprietà, ed oggi ne piangiamo le
conseguenze, cosa possiamo fare?
Sicuramente combattere il sistema.
Detta così è chiaro che sembro riferirmi ad un retaggio di anni
oscuri per nostro paese. Ci siamo resi conto che le cose non vanno ed
allora protestiamo. Bisogna capire quindi contro chi protestare e
cosa fare. Dilemma di non poco conto, che quasi tutti i paesi a
cultura occidentalizzata hanno declinato a proprio modo. Negli Usa,
la vittoria di Obama prima e De Blasio poi, ci dicono che si è
sovvertito, o si tenta di farlo, l'ordine delle cose. Prima il paese
poteva essere fieramente discriminante e anti-socialista, ora si vota
un nero ed un quasi comunista. In Francia dopo il sogno Sarkozy, si
vota Hollande, personaggio goffo che fa della sinistra idealizzata il
proprio metodo, con risultati discutibili, ma di sicuro con idee
palesi. In Germania, dove le cose vanno piuttosto bene, si procede
semplicemente cambiando i supporti alla Merkel, che governa ad ogni
elezione con maggioranze a percentuali variabili. In Spagna dopo
Zapatero, quello della bolla edilizia, sopraggiunge il popolare, e
molto di destra, Mariano Rajoy, con tutte le sue ambiguità.
Ed in
Italia? Da noi la voglia di cambiamento si chiama Grillo.
Beppe
Grillo, con il suo movimento, hanno incarnato lo spirito di ribellione
dallo stato di catalessi ed assoggettamento del popolo. Il nemico c'è
e si vede. Grillo lo ha fortemente idealizzato nella classe politica,
vecchia e stagnante, che da quarant'anni si barcamena tra Camera e
Senato. I suoi voti, tantissimi, ne hanno decretato la forza
elettorale e decisoria. I risultati? Opinabili, come tutto in
politica.
Il problema però nel discorso fatto non è Obama, ne De
Blasio, ne tanto meno la Merkel, Mariano Rajoy o Grillo. Il vero
tema, di delicatissima trattazione è: se questi simboli, presto o
tardi falliranno, cosa accadrà? Se i portafogli continueranno ad
alleggerirsi, le speranze a diminuire ed i suicidi ad aumentare, ci
saranno altre soluzioni? Se le ultime speranze che il mondo
democratico è stato in grado di fornire falliranno, che ne sarà del
mondo istituzionalizzato? Difficile a dirsi. Di certo il mondo, la
maggior parte di esso, guarda al problema con occhi inquisitori: c'è
sempre un colpevole, qualcuno che ha la responsabilità.
Obama e De
Blasio vincono perché rappresentano la lotta ai poteri forti e
finanziari; Hollande alla stupidità amministrativa di Sarkozy; la
Merkel combatte contro i piagnistei dei popoli mediterranei,
scansafatiche e cialtroni; Rajoy contro il socialismo idealistico di
Zapatero; Grillo contro la casta politica, al grido di “tutti a
casa”.
Fin quando ci sarà un nemico, fin quando ci sarà il voto
di pura protesta, poco o nulla cambierà in meglio.
Il passo
successivo non sarebbe altro che la violenza e la lotta politica. I
moralismi non mi piacciono ne tanto meno auspico gli anni di piombo,
ma se c'è un nemico, e questo non va via con le buone, presto o
tardi scatteranno le cattive maniere. Non c'è da fare qui
osservazioni di carattere ontologico, basti dire che è sempre
avvenuto: laddove il regnante od i poteri oligarchici hanno afflitto
il popolo, si è passati al tritolo ed alla presa della Bastiglia. Se
Grillo fallirà, chi ha creduto nel suo sogno, considerando tutta la
politica sbagliata e la sua vita un inferno per colpa di questa, come
reagirà? Saranno tutti bonari e calmi nel rivedere le loro
posizioni? Ci saranno solo coscienziosi padri di famiglia? E'
evidente che il “no” sia la risposta certa.
La violenza è il
gradino successivo alla bomba sociale su cui siamo attualmente
seduti.
La violenza è già presente, ma ancora una volta non ci
accorgiamo di essa, perché non chiamiamo violenza un figlio lontano
migliaia di chilometri dal padre, un suicidio per un mutuo non
pagabile, l'evasore con la Ferrari. Ancora ci culliamo nel sogno che
ciò non ci sia e che non possa più accadere, e quindi ci sconvolgiamo di ciò che avviene in Val di Susa od a Roma per qualsiasi rivendicazione dal basso. Io però credo che la
violenza, ancorché vicina, sia certamente da lottare perché
sbagliata. La violenza, le insubordinazioni, il terrorismo, la lotta
armata, sono termini imprescindibili dal mondo che abbiamo di fronte,
ma che possiamo eludere se ragioniamo in modo diverso. Il problema è
tutto qui a mio avviso.
Dobbiamo renderci conto che il sistema del
nemico non funziona.
Il nemico, se esistesse, sarebbe facile da
battere, invece non esiste. Possiamo chiamarlo mafia, terrorismo,
speculazione, possiamo considerare nemici Riina, le Br, o Maddoff, ma
eliminati loro, come abbiamo avuto modo di appurare, non è finita la
speculazione, la corruzione o la malversazione. Il vero problema è
altro. Il vero tema siamo noi stessi, il nostro egoismo. Berlusconi,
Bush, Riina, Bush, Maddoff, Eta, Bin Laden, sono il frutto
dell'egoismo individuale, più che sociale, che colora il mondo.
Siamo noi che vogliamo il favore, la vita semplice, senza costi, con
le furberie, a creare questi mostri sociali più o meno pericolosi.
La violenza sociale verso cui andiamo in contro è eludibile solo se
ci rendiamo conto che dobbiamo cambiare noi stessi per cambiare il
circostante. Ciò, io credo, purtroppo che non accadrà.
Ivano Asaro
Ivano Asaro |
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