Davide Mauro |
“Il
calcio Italiano è in crisi”; “ Il calcio Italiano ha perso
appeal”; “In Italia i migliori calciatori non vogliono più
venire”, “Il calcio Italiano non attira investitori esteri”.
Queste sono solo alcune delle frasi che ormai si leggono nei
quotidiani sportivi nazionali e che ci ripetono spesso i dirigenti
Italiani. Ma il calcio Italiano è realmente i crisi? Proviamo ad
analizzare la situazione. Analizzando i dati delle coppe europee a
partire dagli anni 90 scopriamo che mentre fino al 2000 le squadre
Italiane sono arrivate in finale di Champions League in ben 9
occasioni, a partire del nuovo millennio solo 5 volte compagini
Italiane si sono presentate alla finale. Il dato dell’Europa
League, ex Coppa Uefa, è ancora più catastrofico, negli anni 90
per ben 13 volte squadre Italiane sono arrivate fino alla
finalissima, mentre negli ultimi 12 anni non c’è riuscita nessuna
squadra. Questa crisi di risultati sembra continuare e sta facendo
precipitare la popolarità di un campionato che fino a 10 anni fa
era al top. Ma perché le società Italiane non riescono più ad
essere competitive come un tempo? Una delle prime osservazione da
fare è che con l’imminente entrata in vigore del Fair Play
finanziario (ci riuscirà mai Platini? e poi dopo che una Francese,
il PSG, può spendere quanto vuole avrà tutta questa voglia di Fair
Play Finanziario?) le grandi squadre, specialmente le 2 di Milano,
quelle che storicamente hanno sempre speso di più, hanno cominciato
a ridimensionare i budget degli ingaggi e a smettere di fare spese
faraoniche. Le squadre medie invece non riescono ad arrivare più in
alto di tanto, anche a causa di una divisione dei diritti tv non
molto equilibrata che tende a premiare le 3 grandi squadre del nord
e in parte minore Napoli e Roma. Le società Italiane ormai si
sostengono quasi esclusivamente tramite diritti tv. Circa il 63% del
fatturato delle società proviene dalle televisioni, quando nel resto
d’Europa i diritti tv arrivano la massimo al 50%. La crisi
calcistica Italiana si è accentuata da quando hanno cominciato ad
investire nei campionati esteri alcuni imprenditori stranieri.
Perché questi investitori non vengono in Italia? Le cause sono
molteplici, intanto in Italia c’è un livello di pressione fiscale
elevato e già questo allontana possibili investitori. La presenza di
una pesante burocrazia non attrae gli investitori che se devono
investire anche in attività extra-calcistiche rischiano di dover
attendere anni per avere le varie autorizzazioni. Altro motivo è
l’immagine che si è fatta il calcio all’estero con scandali
,come calciopoli nel 2006 e il calcio-scommese più recentemente che
non hanno sicuramente fatto bene all’immagine del movimento. Ma c’è
anche il problema “Ultras”; che sembrano comandare e vanno allo
stadio pronti per andare in guerra e nessuno sembra avere la
soluzione per debellarli dagli stadi. Oltre
questo, questa grande recessione è dovuta alla mancanza delle
strutture, in Italia c’è un problema “STADI”, questi sono
ormai vecchi e fatiscenti; molti stadi ristrutturati o fatti di sana
pianta negli anni 80, in occasione dei mondiali di Italia90, sono
stati fatti male e con una concezione vecchia. Il tifoso non è più
attratto ad andare allo stadio a vedere la partita perché tra
tessere del tifoso, restrizioni, prelazioni, stadi non coperti,
partite serali nelle regioni del Nord in pieno Inverno, vie d’accesso
agli stadi congestionate, stadi che sembrano far-west dove la legge
non conta, moltissimi preferiscono guardare la partita a casa. Per
avere un dato visivo di questa crisi di spettatori basta mettere
durante i giorni di coppe europee il canale diretta calcio, quello
che fa vedere le azioni salienti di tutte le partite, e si nota
subito che mentre nel resto d’Europa gli stadi sono sempre pieni
in Italia si assiste spesso a tribune semivuote e stadi
silenziosissimi. Parlando
di numeri in Italia in media gli stadi si riempiono al 51% quindi per
ogni partita metà stadio è vuoto causando anche un minor introito
per le società che appunto si ripercuote sulla competitività. Il
problema degli stadi
è grave. L’anno scorso hanno visto le partite dal vivo solo una
media di 22.493 spettatori, contro i 45.726 della Bundesliga che
riempie gli stadi con una percentuale del 91%; in Spagna la media è
di 31.000 persone a partita con impianti pieni al 72% mentre in
Inghilterra 34.000 persone di media con un incredibile 93% di
riempimento. Questi dati fanno capire che il problema degli stadi
Italiani non dipende solo dalle televisione, perché nel resto
d’Europa le televisioni ci sono anche e la gente va lo stesso allo
stadio. Il problema sta in strutture che non sono accoglienti. La
dimostrazione di ciò l’ha data la Juvenstus che grazie allo
Juventus Stadium
è riuscita a fare 34.000 spettatori di media contro i 22.000 della
stagione precedente e di aumentare di 10.000 unità la media di
tifosi rispetto al vecchio Delle Alpi della Juventus vincente. In
tutto questo lo stato Italiano dovrebbe aiutare le società a poter
costruire gli stadi, ma non tramite soldi, ma con decreti che
alleggeriscano la burocrazia. A livello politico i nostri
amministratori dovrebbero anche riuscire a distruggere il fenomeno
ultras, tramite azioni che ne riducono il potere, bisogna usare il
pugno duro e eliminare tutti i malintenzionati dalle curve e punirli
seriamente. L’introduzione della tessera del tifoso non è servito
a niente, anzi ha complicato ancora di più la vita a chi allo stadio
vuole andare per divertirsi. Ma
gli stadi non sono l’unico problema, altro problema che però
sembra si stia risolvendo è quello di non investire nei vivai, le
società Italiane nell’ultimo decennio hanno avuto un esterofilia
eccessiva che le ha portato a comprare spesso giovani giocatori
sudamericani nella speranza di trovare il fenomeno, lasciando
crescere in serie B e C i giocatori provenienti dai propri vivai.
Ultimamente questa tendenza sembra stia diminuendo con le squadre
Italiane che tendono a far giocare i propri giovani, anche se ancora
molto poco rispetto il resto d’Europa. Quello dei vivai è anche un
problema di mentalità perché mentre da altre parti le società non
si fanno troppi problemi a lanciare giovani calciatori, qui in Italia
si punta sempre all’usato sicuro. Altro problema è la mentalità
che viene data ai ragazzini che si apprestano a giocare a calcio, a
differenza di ciò che avviene in Spagna e Germania, dove ai giovani
ragazzi vengono insegnati i fondamentali del gioco, la tecnica,
privilegiando la costruzione di gioco e il gioco di squadra; ai
bambini italiani vengono insegnate le furbate per vincere e viene
insegnato un calcio antico individualistico, inoltre già nei pulcini
viene privilegiato il risultato piuttosto che il gioco che
permetterebbe di avere ragazzi più forti tecnicamente in futuro, in
poche parole: viene preferito il risultato piuttosto che formare i
futuri calciatori. Come dicevo, ultimamente, alcune società sembrano
cominciare a credere un po’ di più nei propri giovani, ragazzi
come El Sharawi, Insigne, Immobile, Florenzi, De sciglio e tanti
altri, vengono fatti giocare in Serie A piuttosto che mandati a fare
esperienza in B fino a 25-26 anni, ancora è poco ma già qualcosa si
comincia a vedere. Il
malato è grave ma le soluzioni ci sono, come prima cosa andrebbe
rinnovata completamente tutta la classe dirigente della FIGC che ha
portato alla deriva un prodotto che funzionava alla grande. Bisogna
ringiovanir la classe dirigente, bisogna portare idee fresche e
bisogna avere il coraggio di cambiare. Basta vedere quello che ha
fatto la Germania che è ripartita dal fallimento degli Europei del
2000 e del 2004 e ha creato un modello di successo che cresce di anno
in anno e sta facendo diventare la Bundesliga uno dei campionati più
avvincenti d’Europa. Alcuni spunti si possono prendere proprio da
lì. Bisogna creare centri di formazione di giocatori all’altezza,
investire nel settore tecnico e nella formazione di allenatori,
bisogna creare centri tecnici federali e obbligare le squadre a far
giocare i giocatori che provengono dal vivaio. Un calcio più fresco
e giovane, con l’esplosione di talenti, avvantaggerebbe anche
l’affluenza allo stadio. Stadi che come detto vanno rifatti e vanno
fatti a misura di uomo e di società è inutile creare grosse
strutture che poi non si riempiono, meglio uno stadio da 30.000 posti
sempre pieno che uno da 50.000 per metà vuoto. Bisogna avere il
coraggio di cambiare e prendere spunto da chi lo ha fatto ed ha avuto
successo, l’importante è cambiare e rischiare, perché di questo
passo il calcio Italiano rischia di essere superato anche da quello
Portoghese e quello Francese (che dopo il 2016 grazie ai nuovi stadi
per l’Europeo secondo me diventerà molto più competitivo).
Davide Mauro
Siamo diventati la vergogna drl calcio europeo e non solo, e non solo a causa dello Sport in quanto calcio giocato ma anche per quanto riguarda la giustizia sportiva, ci manca solo che a Natale facciano festeggiare i rubentini lo scudetto......Indignato e' dir poco...Cmq io gia' da un pezzo vedo solo il Napoli, classifiche goale commenti me ne frego visto che e' tutto marcio, per mon stressarmi troppo vedo il calcio francese e inglese meno trasporto emotivo, guardo le partite con il gusto di vedere belle giocate senza pensare troppo all'arbitro alle scommesse o alle omesse denunce......
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