Ivano Asaro |
Si,
anche io ci sono caduto. Devo confessarlo: “Anche io ho fatto il
Toto-ministri”.
Quello di designare ipoteticamente un governo
perfetto, un consiglio dei ministri ideale, è sport inutile e
superficiale. Non è mai esistito un esecutivo perfetto, probabilmente mai esisterà. Indicare dei nomi, farlo sulla base di
storie personali, magari di particolari eccellenze, non assicura la
traslazione positiva delle competenze in ambito politico, anzi certamente trasforma il <<quasi eroe>> in politico
(termine ai nostri giorni con una forte connotazione negativa) e le
idee in tagliola di sentimenti, sogni, speranze. Portare gente di
riconosciuto pregio, magari internazionale, in un luogo dove la
furbizia regna sovrana è una pratica rischiosa, sotto, come detto,
il profilo oggettivo e soggettivo.
Però ci si prova. Si immagina che
un uomo che fa brillare la sua azienda possa lucidare l'economia
italiana, che uno stimato professore possa annichilire il burocratese
e rendere fluente la macchina amministrativa. Insomma si immagina e
si spera. Lo si fa con la consapevolezza che la politica è un'altra
cosa.
Un politico è un uomo che deve avere competenza, immancabile,
ma deve ancor prima essere un sociologo, capendo il mondo che lo
circonda, deve avere prospettive, per compiere i miglioramenti cui la
sua azione deve tendere. Deve inoltre essere in grado di
mediare tra le diverse posizioni, senza perdere mai la via maestra.
L'onestà? Quella, nonostante i tempi infausti in cui viviamo, la do
per sottintesa. Un ministro quindi non deve essere particolarmente
competente, basta il giusto, ma avere un fine ed un metodo, che poi i
tecnici tradurranno in <<carta di legge>>. Allo stesso
modo un tecnico deve avere un solo fine: ovvero tradurre in testo
normativo ciò che la classe politica indica.
Tutto questo mi sta
bene. Posso quindi anche accettare che mi si dica che un ministro non
può essere in <<conflitto d'interessi>>: quella strana
posizione per cui il controllore ha interessi in comune con il
controllato, o è lui stesso. Purtroppo il <<conflitto
d'interessi>> è materia oscura nel nostro paese. Nonostante
sia di chiarissima comprensione, per via delle perversioni logiche
che i Berlusconiani hanno prodotto dal 1994 ad oggi, si fa parecchia confusione sul tema. Io comunque,
ripeto, credo che un ministro non possa trovarsi in <<conflitto
d'interessi>> per esercitare al meglio la propria funzione. Con
queste argomentazioni è stato smontato il teorema per cui, come
vedete dallo schema precedente, il ministro della giustizia ideale sarebbe stato
Nicola Gratteri.
Il magistrato in prima linea contro la 'Ndrangheta
sarebbe stato in conflitto di interessi: <<in quanto un magistrato non
avrebbe ben contemperato le esigenze tra apparato giudiziario, e
tutto il resto del mondo giuridico>>. Io che avevo delineato quel
consiglio dei ministri quasi per gioco ho molto riflettuto su queste
annotazioni. Pensando pensando, sono arrivato a delle conclusioni.
Evidentemente designare Nicola Gratteri, che ha una storia, un
coraggio, un metodo noto a tutti, sarebbe stato un bel segnale (che
da quanto si apprende Napolitano avrebbe sacrificato sull'altare
delle riforme costituzionali con Forza Italia). Un uomo che rischia
la vita, che si è visto recapitare un bazooka a poche centinaia di
metri dal tribunale, in cabina di regia, nel posto dove si decide. Un
sogno per me, un abominio politico per altri. Allora io mi fermo e
penso. Conflitto di interessi è un modo complicato per dire che ci
sono due o più posizioni in gioco che devono essere vagliate e regolate in modo
terzo ed imparziale: il controllore non può essere di parte.
Nel
caso di Gratteri chi si sarebbe sentito osteggiato dalla scelta di un
arbitro avverso? La 'ndrangheta? La lobby degli avvocati? Non credo
che questi due soggetti collettivi possano vantare granché di titolo
per rivendicare un eventuale <<problema Gratteri>>. Io
non vedo una problematica da questo punto di vista. Magari un magistrato
che occupa un ministero potrebbe fare perdere l'imparzialità della
magistratura? Non vedo neanche qui il problema visto che quasi tutti
gli schieramenti (almeno ideologicamente intesi) hanno nel tempo
schierato magistrati e giudici (esempi agli antipodi fra loro sono
Felice Casson, eletto nel Pd, e Alfredo Mantovano, pdl, solo per dire i primi due nomi di una lunga serie). Insomma i
magistrati prestati alla politica, che hanno rivelato le loro
ideologie, ci sono e ci saranno, ed un ministero è solo un aumento
di responsabilità non un aggravio della colpa. Allora qual'è il
problema? Perché Gratteri è inviso anche ai Renziani? Qual'è il
reale pericolo che Gratteri ha rappresentato?
Constatato che la divisione dei poteri è uno dei cardini dello stato di Diritto (e da umile studente di giurisprudenza ammiro il sistema di pesi e contrappesi delineato dalla Costituzione che troppi si accingono a devastare) vorrei ora porre il punto su un altro tassello della costruzione logica che ha avversato Gratteri, quando ormai il suo nome era uscito per fare spazio all'onnicompetente Andrea Orlando.
Perché la levata di scudi contro Gratteri alla giustizia e neanche una riga contro i tecnici di questi anni? Il governo Monti se valgono le regole elencate per il caso Gratteri non si sarebbe dovuto neanche presentare alle camere. Tanto per ricordare:
- Affari europei: Enzo Moavero Milanesi (Già giudice di primo grado presso la Corte di giustizia dell'Unione europea in Lussemburgo e collaboratore della Commissione europea in qualità di Direttore Generale del Bureau of European Policy Advisors)
- Affari esteri: Giulio Terzi di Sant'Agata (diplomatico ed ambasciatore italiano )
- Cooperazione internazionale e integrazione: Andrea Riccardi (fondatore nel 1968 dellaComunità di Sant'Egidio)
- Interno: Anna Maria Cancellieri ( prefetto e funzionaria italiana da più di un trentennio)
- Difesa: Giampaolo Di Paola (militare, ammiraglio)
- Sviluppo Economico: Corrado Passera (Banchiere, ex amministratore delegato di Poste Italiane)
- Giustizia: Paola Severino (avvocato, giurista)
Questi esempi solo per rimanere ai casi eclatanti.
Trovo quindi abbastanza complesso (magari abbastanza imbarazzante) spiegare perché è giusto un militare alla difesa, un ambasciatore agli esteri, un banchiere allo sviluppo economico e non un eroe moderno e magistrato in prima linea al ministero della giustizia. Con la non-nomina di Gratteri (che da quanto si dice aveva dato la sua disponibilità) si perde una grandissima occasione di legalità. Tutti, compreso Renzi, si ostinano a dire che questo governo, come quello Letta e prima ancora quello Monti, erano esecutivi di emergenza. Governi e maggioranze nate per sopperire agli enormi problemi del nostro paese. Bene: il primo problema di questo paese continua ad essere la Mafia in tutte le sue forme ed in tutti i suoi effetti. Corruzione, concussione, malversazione, peculato, scarsa competitività di aziende e di intere zone territoriali sono frutto del radicamento mafioso. Malapolitica, violenza, sono frutto della presenza della Mafia a tutti i livelli. Non aver voluto nominare Gratteri, non avere detto una parola su questi temi nel discorso al Senato per chiedere la fiducia, fanno dell'esecutivo Renzi l'ennesima occasione persa. Come del resto facilmente preannunciabile.
La realtà fuori dall'ipocrisia è che non si è voluto un uomo con la schiena dritta, un simbolo che non si gira dall'altra parte, un soggetto in grado di dare colpi decisivi a quella politica che inciucia con il potere criminale e che non si sarebbe sottomesso a logiche al ribasso.
Gratteri sarebbe stato il secondo motivo per tifare per l'esecutivo Renzi I (o Napolitano III).
Il primo? Che faccia il meglio per l'Italia e gli italiani.
Ivano Asaro |
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