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Baglio Santa Teresa- Castelvetrano |
Quello del
voto è il rito più alto e sacro della democrazia: essere una milionesima parte
di un problema e proporre per il tramite di una scheda la milionesima parte
della soluzione è quanto di più grande l'uomo possa fare (al di là di quanti
predicano il contrario).
Le elezioni
però sono anche lo specchio riflesso di una società e quanto più è complessa la
società che vota, tanto più sarà difficile capire cosa un voto rappresenti,
significhi, prepari.
Non solo: un
voto di milioni di persone per sua stessa natura riguarda tutte le altre
persone dello stato italiano. Calabresi, campani, piemontesi e trentini,
finanche Bolzano. E proprio ad un bolzanese il voto siciliano va spiegato,
perché lui è quanto di più lontano c'è dalla Sicilia.
I risultati
del 28 ottobre mostrano un primo vincitore: l'astensionismo. Ora, se in Emilia Romagna e Lombardia il “non voto”
è espressione di anti-politica, di disaffezione verso la classe dirigenziale,
altamente fallimentare e fallita, di una regione, in Sicilia è legato in primis
all’incapacità di Cosa Nostra nel riuscire ancora, con il suo appeal
assistenzialista, a catalizzare l’elettorato verso i “propri” deputati. Di
fatto la mafia in politica non è che una lobby (e neanche la più potente),
pertanto anche il consenso delle persone povere e più soggette al giogo dei
boss si disperde.
In seconda
battuta il significato del “non voto” riguarda certamente i partiti, unici
elementi nel meridione d’Italia in grado di dare un significato alla parola
“civismo”: il disinteresse dei votanti è il fallimento dei segretari dei grandi
partiti, interessati a ripartirsi i voti che rimangono, più che concorrere a creare
elettorati nuovi, a convincere la gente, a far sviluppare il senso
dell'appartenenza ideologica.
Il non voto
in Sicilia è una questione di rabbia in una terra dove la gente non sente più
la paura di bruciare le proprie tessere elettorali.
Ad un
risultato si è comunque giunti: il vincitore delle elezioni è stato Crocetta della coalizione UDC-PD. L’ex
sindaco di Gela, candidato dal partito di Casini, è sempre stato uomo di punta
del Partito Democratico che per non vederselo sottratto ha preferito accodarsi
(dimostrando per l’ennesima volta che in politica tutto è lecito).
Fermiamoci un
attimo: il PD è l’erede, neanche troppo fiero, del PC, ovvero del partito che
fu tra gli altri di Pio La Torre, mentre l’UDC è il partito che nel passato ha
rappresentato la vecchia e nuova Democrazia Cristiana di Salvo Lima e Totò
Cuffaro. L'erede indegno del partito “antimafia” con quello fiero di essere il più
mafioso e tangentista? Vederli insieme fa storcere il naso proprio come istinto
naturale. Ma d’altronde si può non pensare ad un inciucio nella terra del
Gattopardo e di Mannino, di Sciascia e di Corrado Carnevale?
Lo penso
anche io. D’altronde puoi essere onesto quanto vuoi, ma se ti accompagni a
gente figlia della malversazione politica non puoi che essere come loro se non
peggio. Non dimenticando che stiamo parliamo dello stesso PD che aiutò a
mantenere il potere di Lombardo quando la crisi politica del PDL poteva portare
al voto.
Ma lo stato
attuale delle cose deve però, per onestà intellettuale, essere raccontato tutto:
Crocetta, ex esponente comunista, come appreso per mezzo di intercettazioni, è stato
condannato a morte dalla mafia. Almeno
sul soggetto è lecito sperare e immaginare che sia in grado di vigilare
sull’UDC, che convinto di perdere con il centrodestra, abbia magari nel
frattempo sposato in toto la causa legalitaria del PD. Sognare per fortuna non
è ancora un reato.
Queste
elezioni ci hanno raccontato che i dubbi sulla citata alleanza PD-UDC non sono
soltanto “seghe mentali” di giornalisti mafiologi, tanto è vero che IDV e SEL
hanno deciso di correre da sole con Claudio
Fava presidente. Cioè non proprio: il candidato designato da tempo a
guidare la Sicilia ha sbagliato la procedura per la candidatura. Il fatto si
giudica da sè, come anche il grande sacrificio della Marano, segretario
regionale FIOM, messasi in gioco a partita persa per provare comunque a dare un
orgoglio ad una parte di Sicilia che voleva esentarsi dal votare l'UDC.
Il risultato
ottenuto è la giusta punizione per chi ha portato al ridicolo quei partiti e
quei candidati che sul territorio si sono comunque spesi.
Se la “sinistra
centrista” vince e non ride, il PDL non può che piangere. E’ vero la destra in
Sicilia esiste. E’ innegabile. Ma la gente irritata dal modo di fare nazionale
del Partito di Berlusconi, ha
abbandonato i giovani (ma vecchi) candidati, stanchi di rappresentare cordate
di barbe bianche dai mille vitalizi, che hanno reso vuota la classe dirigente
del partito. E non va certamente meglio al partito LA DESTRA, che addirittura
aveva nella coalizione di centrodestra il candidato, SebastiaNello Musumeci,
fieramente post fascista, che già battuto anni fa da Cuffaro ha fallito
nuovamente l’appuntamento con la presidenza di Palazzo d’Orleans.
Poi c’è Miccichè. Il bersaglio preferito della
satira. Quello che accostano alla vita leggera e “stupefacente”. E’ riuscito a
conseguire il massimo delle sue possibilità: Grande Sud è radicato nel territorio
e può essere una carta vincente per qualsiasi coalizione. Meno bene è andata ai
candidati sul territorio (certuni non proprio “santi”), che adesso vedono il
domani (specie i non eletti) in maniera difficile, con i conti da saldare, dopo
averci rimesso montagne di soldi in campagna elettorale. Miccichè si candida ad
un ruolo da protagonista nel palinsesto politico del domani, ingaggiando una
lotta para-federalista che lo vede come unico alfiere, specie ora che l'MPA è
dietro le quinte. Roma ed Arcore sono avvertite.
Infine c’è
quello che in barba ai pronostici ha superato lo stretto a nuoto, ha riempito
da solo le piazze, ha coniato slogan e sfatato i luoghi comuni: Beppe Grillo ed il suo movimento.
Ha dimostrato
che la Sicilia non è una terra di minorati mentali: anche in tempo di carestia
d’elettorato il voto d’opinione siciliano esiste ed è pure consistente.
Si potrebbe
parlare dei suoi onorevoli “attivisti”, di Cancelleri. Si potrebbe parlare, ma
non lo si fa. Li si aspetta giustamente al varco: a loro sta il compito di
dimostrare che anche senza essere eroi un siciliano può essere un
amministratore intransigente che si dedica al bene collettivo senza ritorni
personali. Il loro fallimento rappresenterà il crollo della speranza dei
siciliani onesti.
Caro Bolzanese, la Sicilia ha votato ed a modo suo è cambiata. Si
è rivoluzionata rimanendo sempre se stessa. Immensa e magica. In grado di non
fare sorprendere nessuno se al potere va un omosessuale in una terra
considerata retrograda, mentre il modo sbarra gli occhi se un nero diventa
presidente degli Stati Uniti d’America.
Roma parte da
Palermo: come sempre negli ultimi 30 anni. Sta ai siciliani non fermarsi ancora.
A Crocetta un
solo invito: l'UDC non è un gruppo di appestati, ma sarebbe difficile accettare
anche l'alleanza con Miccichè per ottenere una maggioranza. Non osi oltre il
sindaco antimafia e s’impegni soprattutto per la prima grande parola che manca non
appena il traghetto si lascia alle spalle Reggio Calabria: il lavoro.
Ivano Asaro-AT
già
RispondiElimina" Un'analisi del voto dettagliata e dettata dall'urgenza di capire la complessità e le contraddizioni che travagliano Sicilia e siciliani; penso che ciò che maggiormente in questi ultimi vent'anni ci ha penalizzati sia stata l'assenza di quella classe illuminata di intellettuali ( mi riferisco al nostro Sciascia ma anche a Pasolini e Montanelli ) che, dalle pagine di un romanzo o di un saggio o di un quotidiano, spiegavano, avvertivano, guidavano e gridavano allo "scandalo"...ecco forse oggi la mancanza di " scandalazzarci" e, di conseguenza, indignarci ci ha impedito di utilizzare come lotta giusta e legittima lo strumento del voto. Se in Sicilia esso è stato ( e per certe categorie continua ) pilotato da cosche mafiose e se nel resto d'Italia invece da centri occulti di potere affaristico( e quindi anche mafioso ) attualmente poco incide sulla mia opinione poiché sono ormai fermamnete convinta che il popolo italiano sia affetto da una o più anomalie: l'incapacità di gestire la democrazia e. quiindi, di correggere gli eccessi e gli errori di essa, e l'arrendevolezza codarda a logiche infamanti...."
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