Ivano Asaro |
E’
finito il tempo dei sondaggi: e menomale verrebbe da dire! Mai come
questa volta la competizione è scollata dalla residua percentuale di
persone che hanno un telefono fisso (che quindi contattati dai call
center dei centri di statistica rispondono poco e spesso a caso, anzi
proprio “ad minchiam”).
Internet, bar e centri di aggregazione
saranno i veri nodi di questa campagna elettorale, caratterizzata
ancora dalla tv, ma non come nel 2008 dove fu la “sola” a dire
chi votare. Le prossime elezioni non saranno come le altre e non
possiamo far finta che sia diversamente: di sicuro se i governi del
passato avessero operato meglio, non saremmo arrivati ad un bivio. Ma
siamo qui: parlare della prossima legislatura come la base per un
nuovo assetto sociale è poca cosa. Bisogna a mio avviso parlare
propriamente di una nuova legislatura costituente, non però in
riferimento ai precetti della carta costituzionale, vero unico
baluardo del nostro stato (ben più di Napolitano), ma di un nuovo
contratto sociale. Un nuovo patto, in cui non solo la classe
politico-imprenditoriale, si dia un nuovo codice di comportamento, un
nuovo metodo per affrontare la vita insieme.
E’
il momento di vergognarci del parente che non paga le tasse, di non
avere fatto abbastanza sul posto di lavoro, di non aver aiutato la
vecchina ad attraversare la strada. Poche cose che possono sembrare
stupide, ma che sono esemplificative di quello che vogliamo dire. La
furbizia, il non pagare le tasse, l'evasione, sono metodi spregevoli
di ingiusto arricchimento ed anzi vanno considerati alla stregua di
reati morali prima ancora che giuridici.
Ci
si può lamentare dell'alto costo fiscale del nostro stato? Altroché
se si deve, ma può farlo solo chi le tasse le paga. Nessun evasore
può essere graziato solo perché l'imposizione fiscale è troppo
alta, anzi se è troppo alta è per lo più colpa dello stesso, che
però non evade mai i servizi che le tasse assicurano.
Capitolo
lavoro, chimera per i giovani, peso per gli uomini di mezza età. E
le donne? Sempre sospese in un limbo di ambiguità. Ora è il momento
però di dirlo chiaramente: chi non fa bene il proprio lavoro, chi
non da il massimo è un ladro! E questo non vale solo per i
lavoratori delle piccole imprese che convivono col fiato sul collo
del datore, che di fatto viene ancora chiamato padrone. Il massimo è
richiedibile ai lavoratori delle grandi imprese e del settore
pubblico.
Dobbiamo
arrabbiarci tutti quando allo sportello ticket c'è una coda per
colpa dell'operatrice, così come se le strade sono sporche perché
quella mattina l'operatore ecologico era svogliato.
E
ciò vale anche per gli imprenditori: chi delocalizza, chi rinuncia
ad investire in uomini e mezzi per la finanza, facendola divenire
l'unica sua fonte di reddito, lasciando a casa i lavoratori, non solo
è obiettabile come soggetto, ma deve essere dissuaso dal farlo
attraverso una tassazione che renda utile “fare” piuttosto che
“fare finanza”.
L'esempio
della vecchina poi è solo uno dei tanti modi per dire che in questo
paese manca il senso civico, nascosto nei rivoli di una psicosi di
massa nel lasciarsi andare, spaventati come siamo di essere fregati.
E’ il momento di gettare sempre la cicca nei i cassonetti, di
rimproverare chi non lo fa, di adirarci quando qualcuno posteggia in
seconda fila e tanto meno farlo noi stessi.
Sogno
un’Italia di bacchettoni? No, per carità. Vorrei soltanto italiani
che si prendano le loro responsabilità, che siano fieri di essere
tali, che guardino con necessaria fiducia al futuro.
Vale
la pena poi citare due motivi che possono guidare la matita sul
giusto simbolo. Il primo è quello di puntare sul patrimonio
artistico ed ambientale di cui disponiamo, in virtù della penuria di
materie prime nel nostro paese: questo bene è peraltro tutelato
anche dalla nostra costituzione nello specifico, in quanto già i
padri della nostra patria si erano resi conto che per noi monumenti e
montagne, quadri e mari erano come il petrolio. Perciò scegliete
gente che non deroga nemmeno per un minuto da questa difesa.
Il
secondo parte da una statistica: ogni anno la Cina sforna 4 milioni
di laureati, di cui 400.000 ingegneri (a seguire India, Brasile,
Russia, e Stati Uniti); in Italia invece negli ultimi anni si sono
persi più di 50.000 nuovi studenti, che sarebbero molti di più se
si pensa che a differenza di altre realtà europee sono in pochi gli
immigrati “italiani” a seguire l’università. Questo che
significa? Che la vera sfida è quella di ricreare cultura e
tecnologia. E’ necessario capire che un laureato, seppur libero
professionista, è una risorsa per tutti: per il PIL che mette in
movimento, per il benessere che crea e per lo stato sociale che
concorre ad equilibrare.
La
laurea “pubblica”, accessibile al cittadino comune, deve rimanere,
integrata nei contenuti, certo, e calmierata negli sperperi. Bisogna a tutti
costi puntare sulla preparazione e sulle intelligenze.
Non
vi diremo chi votare, ci mancherebbe, ma la scelta che vi consigliamo
di fare è tra i partiti che, meglio di altri, vi sembrano aderire a
questo progetto ineludibile per l'Italia.
Ivano Asaro
Ho letto attentamente le tue riflessioni, come non concordare sul senso civico che è carente in Italia? E come non darti ragione allorché parli del senso del dovere che attualmente risulta scomparso in ogni settore della vita pubblica e sociale? Il problema che da circa vent'anni ( se non di più)affligge la politica italiana, intesa nella sua accezione più ampia, è comunque la corruzione e l'arroganza di poterla fare franca alle leggi, a quel senso etico che sin dalla notte dei tempi avrebbe dovuto giudare l'uomo e, soprattutto, coloro ai quali affidiamo un mandato elettorale. L'Italia ha bisogno veramente di una rivoluzione , come diceva Monicelli, grande regista ed acuto osservatore della realtà, una rivoluzione che fondi nuove leggi, in primis sui mandati elettorali ( non più di due per esempio ), sulla continua vigilanza di coloro che amministrano, non mi va più di parlare di speranze nel futuro poiché spesso disattesa e delusa, essa ormai si è tramutata in indifferenza e rassegnazione....rifondiamo il parlamento ( non più di 300 persone), tagliamo tutti i fondi alla poltica, votiamo chi non è mai stato in politica, sono queste le cose rivoluzionarie....Francesca Incandela
RispondiEliminain pratica il programma del movimento 5 stelle
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